Perini Chiara
Il nonno
Eccolo! Seduto sulla stessa poltrona di pelle bordò da più di sessant’anni. Tiene stretto un giornale che non si muove, non si piega e non si arricciola, tanto sono gigantesche le sue mani. L’espressione è divertita, forse per ciò che sta leggendo, e il suo sorriso è così contagioso che può dare quasi fastidio. Non si accorge subito di me, concentrato com’è su quelle pagine, poi tutto a un tratto: “ O bimba! Com’è?” Io salto in aria per lo spavento: “ Nonno!”
Mi chiede della scuola, se va tutto bene, cosa ho da fare, annuisce, si perde nei miei discorsi ma ride e dice che ce la posso fare. Sogna di riuscire a vedermi “sistemata”, con un lavoro e perché no una famiglia, ma è convinto in cuor suo di poterlo solo e soltanto sognare, per via dell’età e di quel tempo maledetto che frantuma sempre piani e famiglie. Siede davanti a me, sulla destra la bottiglia di rosso, sulla sinistra dell’acqua di frigo. Tutto è completo se c’è lui, natali, compleanni e vacanze estive.
È bello quando in macchina gli faccio ascoltare la musica del momento e gli proibisco quella degli anni ’70, quando giochiamo a carte e lo faccio vincere per non vederlo dispiaciuto, o quando gli ribadisco che non è vecchio ma solo diversamente giovane e lui sorride. Sembra così reale se lo dico ad alta voce….
Di quel giorno ho ricordi offuscati. Il mio gigante buono non era lì ad aspettarmi. La sedia, le bottiglie e la poltrona non sembravano le stesse, qualcosa era accaduto, o forse stava accadendo. Una figura entrò in cucina. La mia mamma. Ricordo la parola OSPEDALE. Il tragitto in macchina dietro l’ambulanza. Non spiccicai parola.
Non riesco a ricordarmi il suo viso, non ci riesco. Nemmeno la nostra ultima chiacchierata. Non me la ricordo. Non abbiamo avuto il tempo di dirci addio, di un abbraccio. E forse è meglio così, lui avrebbe voluto così. Non gli piacevano gli addii, e neanche a me. Mi sono ripromessa di seguire i suoi consigli, voglio che sia fiero di me. Ma io non lo saprò, non lo vedrò mai più.